Il Cuore dei Volontari



















Ed eccolo finalmente il primo Guest Post del mio Blog, che emozione, non solo perchè e' il primo e le sue parole mi hanno emozionato ma anche perchè chi lo ha scritto è una carissima amica.


Il Cuore dei Volontari.

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Questo è un guest post scritto da Elena Modio



Se incontri un ferito per strada che fai? Se intercetti una richiesta d’aiuto che fai? Ecco, sono arrivate delle persone, uomini, donne, bambini, che avevano bisogno di aiuto e li abbiamo aiutati. 
L’emergenza e il dovere dell’accoglienza non consentono di perdersi in obiezioni e distinguo, fai quel che puoi come sai. È così è stato. Commovente la rete di solidarietà che sin dai primi giorni si è messa in moto autonomamente, quella solidarietà dal basso che dà speranza e scalda il cuore. 

Nessuna professionalità, solo cuore, quello che è bastato a far cambiare le espressioni di quei volti, a far immaginare la possibilità che possano esistere esseri umani diversi dai soldati siriani, dai miliziani sub sahariani, dagli aguzzini dei campi libici, dagli scafisti senza scrupoli. 

Volti a cui abbiamo imparato a far corrispondere nomi: Tessy, Ibraima, Vità, Mary, Sainey, Moahmed, Abram. E parole che abbiamo imparato a pronunciare mischiandole tra loro in una specie di esperanto che, all’inizio, faceva dolere lingua e testa. Una su tutte usano loro, i migranti, a ogni occasione: “Shukran, merci, thanks you”. Grazie. E ci vorrebbe un libro per raccontare le storie che abbiamo ascoltato, di guerra, miseria, sfruttamento. Tutte queste storie hanno cambiato profondamente chiunque abbia avuto solo per qualche ora a che fare con questa umanità dolente eppure così coraggiosa e piena di fiducia per il futuro. Dalla fondazione seguo e sostengo Emergency. Bene, gli occhi di Gino Strada mi hanno sempre colpito per la loro espressione. Quello che noi volontari stiamo vedendo ed ascoltando è nulla rispetto a quel che lui vede da quando ha deciso di diventare un chirurgo di guerra.

Eppure dentro di noi si è acceso il fuoco dell’indignazione e dello sdegno per ciò che uomini fanno o consentono sia fatto ad altri uomini, questo fuoco ci dà energia, forza. Allora ho capito, in Gino Strada si è innescata una specie di reazione nucleare che lo rende instancabile e che gli fa fremere di sdegno gli occhi, la voce, la pelle. E loro, i migranti, sorridono e ringraziano. Aspettano sui materassi poggiati sul parquet che arrivi il loro turno per riprendere la biblica migrazione. C’è quello che non mangia se non l’essenziale perché “non posso mangiare il cibo che non mi sono guadagnato” e quello che a domanda sulla sua religione dice di essere “ChrisMuss, perché nel mio paese si uccide in nome di Dio e di Allah e io penso che il Signore sia uno solo e noi gli diamo nomi diversi”.

C’è quello a cui hai portato le scarpe salvo poi vederlo di nuovo scalzo “perché il mio amico non le aveva, vedi, le ho date a lui” e c’è quello che “mama, I’d like to thank you, can I wash your car?”. C’è lei, la bimba che poco prima di esere trasferita ti prende le mani, ti guarda negli occhi e ti dice: “Were I have to go now, are they good like you?”. Ecco, ci sono loro e non potremmo non esserci noi.

Nel corso dei giorni, con il succedersi degli arrivi, l’organizzazione dell’accoglienza è molto migliorata, anche se si continua a mangiare e dormire sul pavimento, nel caldo asfissiante e senza alcuna privacy. Il numero dei volontari è sensibilmente calato anche a causa di una difficoltà di relazione tra tutti quelli che, in fase iniziale, si erano spesi senza remore, e le persone a cui, non si capisce bene con quali compiti, è stata affidata la gestione dell’accoglienza da parte della Prefettura. Oltre alla partecipazione istituzionale della Protezione civile e dei Vigili urbani, imprescindibile è stato il contributo dei gruppi scout e dei ragazzi e delle ragazze di Azione cattolica. Superata la prima, travolgente, ondata emotiva che ci ha travolti e coinvolti, abbiamo cominciato a porci tante domande: chi fa cosa? Per conto di chi? Quanto è ‘normale’ che le persone sostino in questi centri che possono avere giustificazione solo nel caso siano usati per fare una doccia, rivestirsi e ripartire? Come può la nostra città diventare Hub per le navi della Marina militare senza che ci siano strutture adeguate a garantire un’accoglienza rispettosa della dignità delle persone. E la gestione dei minori non accompagnati sta avvenendo rispettando i loro diritti e garantendo l’assoluto rispetto delle procedure? Le abbiamo fatte a tanti queste domande ricevendo spesso risposte lacunose che non possono essere giustificate dalla straordinarietà dell’impegno. Alcune volte non abbiamo ricevuto alcuna risposta e, con malcelato fastidio, ce n’è stata rivolta una di ritorno: “A che titolo si occupa di queste faccende?”.

Non desisteremo e in tanti ci stiamo mobilitando perché le risposte arrivino.

Per quel che mi riguarda me ne occupo perché non saprei fare diversamente; perché così facevano i miei genitori, senza alcun intento pedagogico, perché così sentivano di fare.

Me ne occupo per formazione, perché c’è scritto nel libro più citato, spesso a sproposito, e letto nella nostra cultura, il Vangelo; perché “mi riguarda”; perché ho letto di uomini che insegnavano a “sentire sulla propria pelle lo schiaffo dato a qualunque altro uomo”. E anche perché i miei figli sapessero come si fa quando capiterà, come già accade, a loro. Non ho avuto una vita facile ma è la mia: mi alzo le maniche e mi do da fare. Me la godo per quanto è possibile. Amo la musica e c’è un altro uomo che cantava che “quello che non ho è quel che non mi manca”: è ciò a cui cerco di ispirarmi.



Sento di essere in debito per quel che ho avuto, per fortuna, solo per fortuna; credo che sia mia dovere rendere un po’ dell’amore che mi circonda; rinunciare a un po’ di quelle cose inutili che posseggo che sono necessarie per alcuni. Ai fratelli, alle sorelle giunti a Taranto devo dire grazie. Grazie per aver fatto sì che perfezionassi il mio inglese. Grazie soprattutto per aver cancellato quell’ansia per il futuro dei miei figli che a volte mi prendeva e mi toglieva dal sonno: se hanno speranza e fiducia nel futuro Sainey, Umar, Abram, Osmar, Ibraima e tutti loro...

come posso non averne io?


Il Guest Writer
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Elena Modio è una collega e amica. 
E' una donna forte, combattiva, testarda e tanto tanto generosa. Da quando a Taranto è scattata l'emergenza profughi, non c'è stato un solo momento in cui si sia fermata. Da volontaria, ogni giorno si è impegnata per regalare un sorriso a chi in Italia arriva da lontane terre in guerra. In questo post ci racconta la sua esperienza e le sue emozioni. 




















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